Herning (Danimarca), 05 maggio 2012 - Toccando ferro, nel Giro che sta sbocciando si parla poco dello spauracchio doping. Nel dubbio, siamo pronti: tra i tanti anche Gianni Savio, manager dell’Androni Venezuela, una delle squadre invitate dall’organizzazione. Assolto con formula piena sia dalla giustizia sportiva che da quella penale dopo le accuse di un suo ex corridore, Savio si è presentato al via della corsa rosa imponendo alla squadra una serie di regole inedite nella lotta contro il doping.

"Ai miei corridori ho riepilogato la mia vicenda e spiegato chiaramente che voglio tutelare prima di tutto me, poi i miei collaboratori e infine tutto il team - racconta il manager dell’Androni - Ho parlato a tutti i ciclisti che dirigo, non sono a quelli che sono qui, facendo l’esempio del calcio scommesse: sono le cattive frequentazioni a indurre molti atleti all’errore. Di qui l’esigenza di scrivere un nuovo regolamento interno".

Regolamento che nelle intenzioni di Savio non doveva essere pubblicizzato, regolamento che prevede sanzioni pesantissime per chi dovesse sgarrare. "Ho ricordato ai corridori che, firmando il contratto, si sono assoggettati a un regolamento antidoping che prevede, in caso di positività, una penale pari all’intero ammontare del loro stipendio annuale. Poi ho proposto questo piano: in tutte le corse a tappe, i corridori non potranno lasciare l’albergo senza autorizzazione né potranno ritirarsi da soli nella propria camera con estranei, ma nemmeno con parenti, amici o familiari".

Non ha agito di testa sua, Savio: da navigato dirigente sportivo, si è avvalso dei consigli di un avvocato, Giuseppe Napoleone, per non ledere la privacy personale dei suoi atleti. Non solo: col medico sociale del suo team, Luca Romano, un passato nello staff del Torino calcio, Savio ha concordato di non portare al Giro nemmeno un ago. "Nemmeno quelli consentiti dai regolamenti - precisa il manager -. Se dovessero servire trattamenti come iniezioni o flebo o quant’altro, vietati dal regolamento Uci, ci appoggeremo agli ospedali ed il corridore dovrà necessariamente fermarsi’. Una condotta rigorosa, come il ciclismo si è imposto davanti a una piaga che aveva bisogno di terapie d’urto.

Di qui un regolamento interno, aggiornato proprio poche ore prima di prendere il via: "Dopo aver ricevuto il protocollo di Rcs che prevede un’ammenda di 100mila euro in caso di infrazione doping durante il Giro, abbiamo aggiunto una postilla, facendola firmare ai nove corridori che sono qui. E’ un atto concreto per tutelarci, ma anche per dimostrare che crediamo nella lotta al doping".