Dall’inviato Angelo Costa
Porto Sant’Elpidio (Fermo), 11 maggio 2012 - Rosa al primo Giro d’Italia: è la piccola grande impresa di Adriano Malori. In cima alla corsa più amata dagli italiani dopo aver chiuso da ultimo il primo Tour, nel 2010: fu una mezza impresa anche quella, perché acciaccato e dolorante volle lo stesso arrivare a Parigi.

Questa se la gode come una sorpresa e uno stimolo per continuare a crescere. "Ho preso la fuga buona come mi avevano detto di fare i miei tecnici nella riunione del mattino, ho fatto una fatica bestiale su un tracciato durissimo, ma quando mi hanno detto che avrei potuto prendere la maglia non ho più sentito la fatica. Avevo due cose da fare: evitare che Rubiano Chavez prendesse troppo vantaggio e non farmi battere da Golas, anche perché l’ultima volata credo di averla vinto quando ero ancora tra gli Esordienti", racconta il ragazzone di Traversetolo.

Passando alle dediche: "Alla squadra, che ringrazio per la fiducia: siamo un grande gruppo con un grande leader come Scarponi. Al mio amico Andrea, per me un fratello: è appena diventato papà. E alla mia mamma Sandra: solo lei sa come si è spezzata la schiena per farmi allenare dietro moto prima del Giro".

Inevitabile che Malori si racconti in una giornata del genere, anche se lo fa senza troppa enfasi o dovizia di particolari: "A sette anni l’ortolano del paese ha chiesto ai miei genitori di farmi provare ad andare in bici. Mi ha detto che se non mi fosse piaciuto dopo tre giorni avrei potuto smettere: sono ancora qui. Che corridore sono? Uno che, a dispetto delle critiche che ha sentito sul suo conto, quando sta bene non se la cava solo a cronometro. Sono giovane, devo ancora migliorare tanto, ma non mi ispiro a modelli particolari: non mi ritengo un fuoriclasse come Cancellara, ho un buon motore e cerco di dare il massimo delle mie qualità. La corsa che sogno? Non ho tanti sogni, vado avanti con un solo obiettivo: progredire. Quando comincerò a capire che razza di corridore sono, inizierò anche a fare dei sogni".

Continua a sognare la maglia rosa Miguel Angel Rubiano Chavez, colombiano di 27 anni nato in quartiere povero di Bogotà che da ciclista ha girato un po’ tutta l’Italia e adesso ha preso casa a Renazzo, il paese del Ferrarese dove è ospite del barbiere.

"Sono partito per fare i traguardi della montagna, pensavo che a Montegranaro il gruppo ci avrebbe ripreso. E invece mi sono ritrovato solo e ci ho dato dentro, sognando anche la maglia rosa. A dire il vero lo sognavo fin dal giro del Trentino, l’ho detto anche a casa che magari un giorno riuscirò a prenderla, ci fossi riuscito oggi sarei diventato il primo colombiano della storia a riuscirci, pazienza". Ci riproverà domani.