Dall’inviato Angelo Costa
Vedelago (Treviso), 25 maggio 2012 - ‘Incredibile’, dice Andrea Guardini riguardando alla moviola il suo primo sprint vincente al Giro d’Italia. Incredibile, anche se maturato in coda a una tappa velocissima (quasi 50 orari) nell’afa della Marca: come quelle che ha vinto in due stagioni al giro di Malesia, dove è il primatista di successi, Incredibile perché ottenuta sul naso di Mark Cavendish, anticipandolo nello sprint, come già era riuscito un paio di volte in passato a Petacchi.

"Incredibile: ho voluto anticiparlo e ce l’ho fatta: vincere al Giro è la gioia più grande che ho provato finora", racconta il veronese, subito ribattezzato ‘il nostro Cavendish’ dal palco della tv. Ma per fortuna Guardini, bravo fin qui a tener duro sulle montagne (è arrivato ultimo nelle tappe di domenica a Pian dei Resinelli e ieri a Cortina) ha un tecnico saggio e non solo vulcanico come Luca Scinto, uno che ai suoi ragazzi somministra bastone e carota in dosi giuste: "Andrea è stato bravissimo, in corsa gli abbiamo ripetuto che oggi nessuno gli avrebbe fatto il treno e avrebbe dovuto prendere la ruota di uno soltanto: Cavendish. Ma ha vinto una tappa breve e in discesa, la strada è ancora lunga: per diventare un grande velocista ci vogliono anni".
 

Gioisce Guardini, ha lo sguardo cupo Cavendish, che spiega il gesto di stizza sul traguardo con la rabbia di aver perso e ribadisce di voler arrivare a Milano con la sua maglia rossa, difesa su un traguardo volante in leggera salita strada facendo. "Guardini oggi è stato il più rapido, aveva più energia di me. Ho perso energie preziose in quel traguardo intermedio? Non credo. Piuttosto, l’anno prossimo torno al Giro per vincere la maglia degli scalatori’, scherza il baronetto inglese. Prova a sorridere anche Sacha Modolo, altro sprinter italiano di belle speranze, finito fuori dai dieci nonostante la sua Colnago Csf abbia provato ad allestirgli un treno: ‘Non sono né carne né pesce: mi stacco in salita, mi stacco anche in volata…", l’amara battuta del veneto.
 

Archiviato l’ultimo sprint, il Giro guarda già avanti: oggi a Pampeago c’è il primo dei due tapponi che cambieranno la corsa, o almeno la decideranno. Alza lo sguardo verso l’alto Ivan Basso, che sente arrivare finalmente il suo momento: "A Cortina abbiamo scalato quattro passi, ma si arrivava in discesa: stavolta il traguardo è in cima alla salita, è il primo vero arrivo in quota. Sono consapevole di stare bene e di avere accanto una squadra forte: spero di spremere il massimo da queste due tappe, il risultato dipenderà dalla mia bravura e da quella dei miei avversari. Non ci si nasconde più, sabato sera faremo i conti, anche se credo che a disegnare il podio sarà comunque la cronometro".
 

Cronometro che resta il jolly in tasca a Ryder Hesjedal, che ha già vestito la maglia rosa e ora ha solo mezzo minuto di ritardo da Rodriguez: per questo sia Basso che lo spagnolo ripetono che il primo obiettivo è smarrire per strada il canadese. Che, da parte sua, sprizza sicurezza: "So quali sono i miei obiettivi e so anche come vado: vedremo domenica dove sarò. I tapponi? Mi piacciono le salite lunghe e dure, più la tappa propone chilometri e difficoltà e più vado bene. Sono soddisfatto del mio Giro, ho fatto tante belle cose, ma a questo punto non mi accontento e punto al massimo risultato. Chi temo di più fra Basso, Scarponi e Rodriguez? Basso, senza dubbio. Questo Giro mi piace, lo metto sullo stesso piano del Tour".
 

Quanto a Rodriguez, sa bene che la sua vita in rosa adesso si complica: "Ci aspettano i giorni non solo più importanti, ma anche più duri. Hesjedal non porta la maglia, ma è il grande favorito: bisogna staccarlo, se arriva col minimo distacco alla crono ci castiga. No, questa non è stata una giornata di riposo, quando vai a 50 orari tutto il giorno non recuperi. Cosa temo? Il ritmo della Liquigas e il risveglio di Scarponi".