Milano, 27 maggio 2012 - E’ il giorno di Ryder Hesjedal, è un giorno storico per il Canada, mai in cima a una grande corsa a tappe. Il Giro ha l’epilogo che ci si aspettava: nella crono di Milano, il gigante della Garmin fa meglio dello spagnolo Joaquim Rodriguez e gli soffia il Giro per appena 16 secondi. All’arrivo bacia la moglie Ashley (‘il grande amore della mia vita’), si concede un lacrimone sul podio e regala tutta la sua emozione: "E’ una gioia incredibile, avevo una grande occasione e l’ho sfruttata. Ho cominciato a crederci tappa dopo tappa, dopo che ho indossato la mia prima maglia rosa, il rispetto dei miei rivali mi ha dato ancora più forza. Sapevo di star bene e vedevo crescere la mia condizione con le montagne. Ho capito di aver vinto il Giro a 5 chilometri dalla fine, quando mi hanno dato il distacco di Rodriguez, ho preso i miei rischi in questa crono ma ne valeva la pena. Cosa significa questa vittoria? E’ il risultato di una vita di lavoro, corro da otto anni come professionista ma momenti così non li ho mai passati. Non potrei esser più felice. Il Tour? Ci penserò", dice il quattordicesimo corridore a vincere il Giro senza aver conquistato una tappa.

Sorride felice Hesjedal, sorride amaro Purito Rodriguez, forse pensando che se tutti gli arrivi avessero distribuiti abbuoni il vincitore di questo Giro sarebbe stato lui. "Mi dispiace tantissimo, non posso negarlo. Ho fatto una grande crono, al meglio delle mie possibilità, ma Ryder è andato fortissimo: quando trovi uno più forte non puoi che fargli i complimenti. Che dire? Al massimo, posso promettere di tornare qui fra un anno per vincere. Rimpianti? Non si può mai fare questi discorsi quando il risultato è stabilito, il ciclismo è uno sport che si fa sul momento e devi accettarne l’esito: magari io dico che ho perso un secondo di troppo in un tratto e Hesjedal può dire di averne buttati in un altro tratto, ma alla fine il risultato resta questo. Non credevano nella mia vittoria? Io ci ho creduto e questo alla fine è ciò che conta".

Amarezza anche per Scarponi: aver perso il podio nella crono di Milano è una delusione, per quanto prevedibile. "Ero partito per essere il primo degli italiani, ma non immaginavo certo così. Non volevo perdere il podio, sinceramente per il Giro che ho fatto non lo meritavo nemmeno. Qualcosa da rimproverarmi? No. Sono deluso: volevo mantenere il podio e non ce l’ho fatta. In queste settimane ci ho messo tanto orgoglio, mi hanno staccato solo nella tappa di Cortina perché avevo problemi fisici: oltre al morale ci ho messo anche le gambe. De Gendt nessuno l’avrebbe mai pronosticato, Hesjedal è stato dato troppo in fretta per morto, io che lo vedevo pedalare ho capito presto che sarebbe stato il brutto cliente che si è rivelato".

Guarda avanti anche Ivan Basso, alla fine quinto nel Giro che aveva dichiarato di voler vincere: "Non è il mio ultimo Giro da protagonista: non è andato come volevo, ma devo dire che gli altri sono stati più bravi di me. Non mi fermo qui, c’è ancora tempo prima di farmi il funerale. Rimpianti? Io i miei Giri li ho vinti correndo in questo modo, non potevo sapere che nelle due tappe più importanti avrei avuto una flessione: non ho nulla da rimproverarmi".

Chiusura per l’unico italiano contento di questa giornata conclusiva del Giro: quattro anni dopo, Marco Pinotti vince ancora la crono finale. Volando a 51 di media sulle strade milanesi, l’ingegnere bergamasco prenota un posto per la crono olimpica. "Era una anno che aspettavo questa giornata: l’ultimo Giro l’avevo chiuso su un’ambulanza, col bacino fratturato. In questa settimana ho cercato di recuperare qualche energia, alla fine posso dire di essere davvero contento. Il podio straniero? Questa è una corsa sempre più internazionale, tutte le squadre sono venute qui con corridori in ottime condizioni: è un bene per una corsa che vuole guadagnare peso a livello mondiale".

dall'inviato Angelo Costa