Trieste, 1 giugno 2014 - E l’ultimo giorno anche Nairo Quintana sorrise. "Sì, posso finalmente dire di aver vinto il Giro d’Italia", dice il primo colombiano della storia ad entrar nell’albo d’oro. Abbraccia la moglie Paola, si coccola la piccola Mariana, nemmeno quattro mesi, bacia i genitori e più che un bagno di folla si concede all’abituale doccia che il cielo scarica su Trieste, a suggellare una delle corse più fradicie di sempre.

"Sono felicissimo. Ho al mio fianco una grande squadra, una famiglia stupenda e devo ringraziare anche Dio che mi ha accompagnato in questo cammino. Grazie a tutti per il supporto, non riesco a contenere in corpo la gioia che sto provando in questo momento. Mi sono innamorato del Giro d'Italia e non pensavo di trovare così tanti tifosi colombiani oggi e nei giorni scorsi lungo le strade", scolpisce guardando la piccola, coloratissima comunità sudamericana arrivata da ogni parte d’Italia e raccolta sotto il podio.

Se la gode Quintana, è felicissimo anche Fabio Aru, che per festeggiare chiede solo una serata tranquilla con i genitori e la fidanzata Valentina. "Mi sto rendendo conto solo ora di ciò che ho fatto: è tutto inaspettato, quindi più bello. E’ il frutto di tanto lavoro, ma non mi illudo: resto con i piedi in terra, devo ancora crescere. Il podio è una promessa? Non penso al futuro, ma solo ad andare a casa, riposarmi e poi programmare le prossime corse. Un passo alla volta, questo terzo posto non mi cambierà", ribadisce il sardo, convinto che la vittoria di Quintana, nonostante il pasticcio dello Stelvio che l’ha agevolata, sia stata "meritata, perché si è dimostrato il più forte".

A mandare in archivio il primo Giro colombiano è uno sprint che lascia ancora l’amaro in bocca a Giacomo Nizzolo: il brianzolo, fin qui il più regolare dei nostri velocisti, incassa un altro secondo posto, il quarto. A infliggerglielo non è Bouhanni, ma lo sloveno Luka Mezgec, che in assenza di Kittel è libero di giocarsi le sue chance: ci riesce alla grande, trovando un’autostrada sulla destra del lungomare triestino, che offre il solito strepitoso scenario di pubblico. "Non posso più dire che ci proverò domani perché il Giro ormai è finito. Pensavo che a destra Ferrari avrebbe chiuso lo spazio alle transenne ma Mezgec è riuscito a passare e l’ha spuntata. È stata una volata fotocopia di quella a Foligno. Complimenti a lui. Non sono contento perché tanti piazzamenti non fanno una vittoria, ma c'è poco da fare. Ora torno a casa e riposo un po".

Ben altro umore mostra Luka Mezgec, che può brindare a una vittoria a due passi da casa. "Non potevo chiedere di più oggi. Ho vinto vicino a casa, con tanti miei tifosi, sono davvero l’uomo più felice sulla terra in questo momento. È stato un grande Giro per la nostra squadra, che ha iniziato vincendo due tappe con Kittel in irlanda e chiude con questo mio successo", dice lo sloveno, 26 anni, chiedendo un Giro che ha fatto l’occhiolino ai giovani: classe ’90 sia Quintana che Aru, in fresca età anche molti italiani, come Battaglin e Ulissi che hanno conquistato tre tappe in due, ma pure Cattaneo, che ha finito in crescendo, e Bongiorno, fermato sullo Zoncolan da un tifoso idiota.

Un segnale di speranza per un ciclismo azzurro a digiuno da anni soprattutto nelle classiche, la notizia migliore che un Giro deturpato da troppi gesti sbagliati (la protesta sul bagnato a Bari, la caduta alla rotonda di Montecassino, gli equivoci sullo Stelvio e, appunto, la spinta del tifoso sullo Zoncolan) potesse regalare.

 

dall’inviato Angelo Costa