di Leo Turrini

Morire di sport. Ancora. La lista macabra e triste degli atleti stroncati da improvvisi malori si allunga: il nome nuovo è un nome grosso, perché il ventiseienne norvegese Alexander Dale Oen era uno dei grandi del nuoto. Straordinario interprete della rana, il nordico aveva conquistato il titolo mondiale sui 100 l’estate scorsa in Cina ed era il naturale favorito per la imminente Olimpiade di Londra. Invece, è stato rinvenuto privo di vita nel bagno della sua stanza. A Flagstaff, in Arizona.

LA TRAGEDIA. Dale Oen, assieme ai compagni di nazionale, aveva scelto di preparare i Giochi di Londra in America. Si stava allenando in altura. Ma aveva voglia di tornarsene a casa, tra i fiordi: poche ora prima della crisi fatale, aveva scritto su Twitter di non vedere l’ora di rientrare in Norvegia. Nella serata americana tra lunedì e martedì, il ranista era atteso dai colleghi per la cena. Non l’hanno visto arrivare. Preoccupati, sono andati a cercarlo in camera. Era già troppo tardi. La polizia della Arizona ha escluso ipotesi di violenza. I medici parlano vagamente di infarto, rimandando all’autopsia per un verdetto più accurato. Secondo tutte le testimonianze, Dale Oen stava benissimo, si stava allenando in piscina con il consueto scrupolo e non aveva segnalato alcun disagio fisico.

L’ANGOSCIA. E così si torna agli stessi, strazianti interrogativi che hanno accompagnato, in Italia, il lutto di Vigor Bovolenta, ucciso da un malore su un campo di pallavolo, e la tragedia di Morosini, il calciatore del Livorno morto durante la partita contro il Pescara di Zeman. Insomma e in breve. Come è possibile? Stiamo parlando di atleti, in teoria seguiti da professionisti specializzati. Ci dobbiamo davvero rassegnare alla perfida maledizione di un destino crudele? Sono semplici coincidenze? Oppure c’è qualcosa da rivedere e ripensare, nel modo in cui i campioni dello sport moderno affrontano il loro mestiere, le loro sfide, le loro battaglie agonistiche?

Sono domande ancora malinconicamente senza risposta. Forse ha ragione Fabio Scozzoli, l’azzurro che da Dale Oen fu battuto nella finale iridata di Shangai: “Sono sconvolto, perdo un amico, non un rivale. Tutte queste morti sono inspiegabili, perché nessuno è sottoposto a controlli quanto noi. La natura ha il suo corso, non possiamo farci molto”.

CHI ERA. Dale Oen in Norvegia era un mito. Non solo per i suoi meriti sportivi. L’estate scorsa aveva dedicato il suo titolo mondiale sui 100 rana alle vittime della folla strage di Utoya. Le sue parole avevano commosso i compatrioti. Ieri il primo ministro Stoltenberg ha proclamato il lutto nazionale dicendo: “Abbiamo perso un eroe”. E non esagerava.