Roma, 28 ottobre 2010 - Negli Stati Uniti, tra mille polemiche, è allo studio un disegno di legge che, se sarà approvato dal Congresso, permetterà alle agenzie investigative federali di irrompere senza mandato nelle piattaforme tecnologiche tipo Facebook e acquisire tutti i loro dati riservati. In Italia, senza clamore, lo hanno già fatto. È quanto annuncia il settimanale "L’Espresso" sul numero in edicola domani.

I dirigenti della Polizia postale due settimane fa si sono recati a Palo Alto, in California, e hanno strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che prevede la possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine del social network senza dover presentare una richiesta della magistratura e attendere i tempi necessari per una rogatoria internazionale. Questo perchè, spiegano alla Polizia Postale, la tempestività di intervento è fondamentale per reprimere certi reati che proprio per la velocità di diffusione su Internet evolvono in tempo reale.

Una corsia preferenziale, insomma, che potranno percorrere i detective digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla pedopornografia, al phishing e alle truffe telematiche, ma anche per evitare inconvenienti ai personaggi pubblici i cui profili vengono creati a loro insaputa. Intenti forse condivisibili, ma che di fatto consegnano alle forze dell’ordine il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali senza che sia necessaria l’autorizzazione di un pubblico ministero. In concreto, i 400 agenti della Direzione investigativa della Polizia postale e delle comunicazioni potranno sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di Facebook.

 

POLIZIA POSTALE: NON E' VERO - "Figuriamoci se la polizia si mette a spiare i navigatori di facebook". Così il direttore centrale della Polizia Postale Antonio Apruzzese spiega all’Agi, commentando il servizio del settimanele "L’Espresso".

Quando la polizia postale o altri organi (carabinieri, GdF ecc ecc.) nel condurre una indagine si dovesse trovare ad intercettare comunicazioni su facebook, spiega Antonio Apruzzese, "ci muoviamo sempre con l’autorizzazione della magistratura. Anche perchè nel caso contrario tutto ciò che si fa non avrebbe alcun valore processuale. Anzi se violassimo la rete senza autorizzazione della magistratura commeteremmo un reato penale".

Poi il direttore della polizia Postale ricostruisce come la l’Italia abbia raggiunto un accordo con Facebook: "ai primi di ottobre sono venuti in Italia, dopo lunghe trattative e contatti i responsabili di Facebook al massimo livello accompagnati anche dai loro legali e hanno illustrato le procedure per chiedere ed ottenere l’accesso alla rete per vicende di polizia giudiziaria e, soprattutto per quali casi, in base alla legislazione anglosassone, si possono concedere le autorizzazioni. Hanno spiegato punto su punto, abbiamo stilato le linee guida e girato le direttive a tutti gli organismi di polizia italiana".

E sempre per rassicurare i navigatori di facebook il dott. Apruzzese elenca quali sono in reati per i quali la magistratura italiana può concedere l’autorizzazione: "sono i reati ammessi dalla legislazione anglosassone: quelli contro la persona, il patrimonio, i suicidi, gli omicidi e la criminalità organizzata. Perchè velocizzare queste procedure? - conclude Apruzzese - figuriamoci se qualcuno su facebook annuncia che si vuole uccidere, che facciamo, avviamo tutte le pratiche delle convenzioni internazionali? Stesso discorso vale per omicidi e gli altri reati per i quali si è raggiunto l’accordo. Il tutto, ovviamente, con l’autorizzazione del magistrato".