Pechino, 26 maggio 2011. 'Condannati' ai videogiochi forzati. Il sogno di molti teenager era l'incubo quotidiano di oltre 300 prigionieri cinesi, che di giorno spaccavano le pietre e di notte erano costretti a incollarsi ai computer per uccidere demoni virtuali. Quando il sole era alto, Liu Dali e i suoi compagni del campo di lavoro di Jixi (nel nord est della Cina) scavavano fosse nelle miniere di carbone. Non appena calava il buio, erano costretti, per conto dei secondini, a guadagnare enormi quantità di crediti virtuali, dandosi da fare nei videogame online. "In questo modo i boss della prigione - racconta Liu Dali al Guardian - facevano più soldi che sfruttando il lavoro manuale". Il racconto di quest'uomo di 54 anni, incarcerato per tre anni, è agghiacciante. "C'erano 300 detenuti costretti a giocare. Lavoravamo per dodici ore. Li ho sentiti dire che riuscivano a guadagnare qualcosa come 550-650 euro al giorno. Noi non abbiamo mai visto un soldo. I computer non venivano mai spenti".

I ricordi di quegli anni tormentano ancora Liu Dali, finito a Jixi per aver scritto una "petizione illegale" al governo centrale, in cui denunciava l'alto tasso di corruzione nella sua città natale. Oltre ai terrificanti lavori in miniera, sono state soprattutto le violenze subite per i fallimenti virtuali a tracciare un solco indelebile nella vita dell'ex prigioniero. "Quando non riuscivo a raggiungere gli obiettivi, mi punivano fisicamente. Mi costringevano a restare con le mani alzate e durante il tragitto per tornare al dormitorio, mi colpivano con dei tubi di plastica. Dovevamo continuare a giocare fino a quando la vista reggeva".

L'accumulo di crediti in videogame come World of Warcraft attraverso la ripetizione di semplici azioni è anche conosciuto come gold farming, ovvero la coltivazione dell'oro. Se le risorse sono virtuali, chi vuole comprarle per avanzare di livello o accrescere i propri poteri, deve pagare con soldi veri. Sono milioni i videogiocatori disposti ad aprire il portafoglio per entrare in possesso di questi preziosi crediti. Secondo il China Internet Center, in tutto il Paese ci sono almeno 100mila persone che vivono sfruttando i videogame online. Nel 2009, il governo centrale ha emesso una direttiva che rende illegale la vendita di crediti virtuali per le aziende senza licenza. «Ma Liu - scrive il Guardian - crede che lo sfruttamento dei prigionieri continui ancora oggi".