Cervia (Ravenna), 19 settembre 2012 - In vista dell'incontro di sabato, a Palazzo Chigi, tra l'ad di Fiat-Chrysler e il premier {{WIKILINK}}Mario Monti{{/WIKILINK}} il mondo sindacale continua a focalizzarsi sul caso-Fiat. Intanto la Cgia di Mestre stima che dal 1977 la Fiat ha ricevuto dallo Stato aiuti per 7,6 miliardi e ne ha investiti 6,2.

Nel frattempo la Fornero annuncia che dopo l’incontro tra Governo e i vertici Fiat, in programma sabato prossimo a palazzo Chigi, vedrà anche i sindacati la prossima settimana.

CAMUSSO - Monti “abbia la forza di chiedere la verità” all’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne durante l’incontro di sabato. E poi decida “quali politiche fare” per l’azienda e per i lavoratori, ha auspicato il segretario generale della Cgil, {{WIKILINK}}Susanna Camusso{{/WIKILINK}}, secondo la quale non solo questo ma “anche altri governi italiani hanno perso tempo” prima di affrontare i problemi dell’azienda automobilistica.

“Spero che il governo abbia la forza di chiedere alla Fiat la verità e in base a ciò che viene dichiarato poi decidere quali politiche bisogna fare per il Paese - ha spiegato Camusso, a margine del Forum di Fisac-Cgil a Cervia -. Data la rilevanza del tema, dato che riguarda non solo le sorti del paese ma di migliaia di lavoratori, sarebbe bene aprire un tavolo anche con le forze sociali”.

"Il piano Fabbrica Italia fu annunciato nel 2009 - ricorda Camusso - all’allora governo Berlusconi e dopo si è preferito fare molta battaglia ideologica contro i lavoratori e poca attenzione alle politiche industriali e alla risposta”.

L’amministratore delegato di Fiat non ha ancora detto ufficialmente che investirà in Italia, continua Causso sottolineando "che è il vero tema. Messa così sembrerebbe una stranezza” ma “l’a.d. di Fiat ha potuto fare investimenti all’estero proprio perché l’Italia gli ha garantito sistematicamente condizioni di privilegio, di opportunità oltre che di mercato nel nostro paese”. Quindi Marchionne “non può rivendicare di essere un’azienda globale e poi domandarsi come si fa a distribuire redditi e investimenti tra i vari paesi”.

BONANNI - “Cesare Romiti è legato a quel periodo e probabilmente prova rimorso non solo per i 30mila licenziamenti Fiat che ha sulla coscienza, ma anche per i tanti soldi che barattava con la sinistra, con la politica, sulle spalle dei contribuenti”, ha detto il segretario generale della Cisl {{WIKILINK}}Raffaele Bonanni {{/WIKILINK}}rispondendo alle parole di Cesare Romiti sul ruolo oggi dei sindacati.

“La Fiat di Romiti in quegli anni - ha chiarito il leader della Cisl - ha più volte scambiato l’assistenza ai propri progetti industriali con tutte le forze politiche del tempo, scaricando i costi di queste operazioni sulla collettività e il debito pubblico”.

ANGELETTI - “Se Marchionne dicesse che gli investimenti saltano il nuovo contratto nato dall’accordo e dal referendum salta nei fatti: non nella forma, ma nella sostanza, nei fatti”, afferma il segretario generale della Uil, {{WIKILINK}}Luigi Angeletti{{/WIKILINK}}, ospite a ‘RadioAnch’io’ su Radio1 Rai.

L’accordo tra Fiat e i sindacati del fronte del “si”, ha spiegato Angeletti, “funziona solo se si fanno gli investimenti”. Nonostante questo scenario Angeletti ha risposto “no” alla domanda se si sia pentito di aver dato fiducia a Marchionne due anni fa: “l’alternativa sarebbe stata chiudere prima. Se oggi parliamo di Mirafiori e Pomigliano è perché ci sono ancora, per quegli accordi”.