Roma, 24 settembre 2013 - Telecom Italia sta per passare sotto controllo spagnolo. E' successo tutto ieri notte, in meno di un chilometro quadrato, a Milano. Dopo mesi di rinvii, a poche ore dalla scadenza del patto Telco (la scatola di controllo dell'ex colosso telefonico italiano), Mediobanca, Generali e Intesa hanno deciso di cedere alla corte degli spagnoli. Nel Cda di Telco svoltosi di buon'ora,  tra liquidità e azioni proprie, gli uomini di Telefonica hanno messo sul piatto 841 milioni per arrivare entro febbraio 2015 al 70% del capitale di Telco (e a una pari quota del bond rinegoziato con le banche), equivalente a regime al 15,68% di Telecom Italia (dal 10,56% posseduto indirettamente sino a ieri).

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LA STORIA DI TELECOM - IL GRAFICO

CDA IN AZIONE - Tra piazzetta Cuccia (Mediobanca), piazza Cordusio (Generali) e via Monte di Pietà (Intesa Sanpaolo), ieri notte è andata in scena la resa dei conti che ha spostato gli equilibri nella società che ha in pancia il 22,45% di Telecom e di fatto la controlla. Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca usciranno progressivamente da Telco, ma il processo avverrà per fasi: comincia oggi e, salvo disimpegni dal patto e scissione di quote, si concluderà nel 2015.

FASE UNO - La prima fase dell'accordo prevede che già oggi Telefonica provveda ad aumento di capitale sociale di Telco da 324 milioni per coprire l'indebitamento bancario in essere in scadenza a novembre 2013, mentre il residuo debito bancario di Telco sarà interamente rifinanziato fino a 700 milioni, da Mediobanca e Intesa Sanpaolo in parti uguali, attraverso un nuovo finanziamento a condizioni di mercato. In più il colosso guidato da Cesar Alierta rileva, sempre oggi, da Generali, Intesa e Mediobanca parte del prestito obbligazionario di Telco pagandolo in azioni Telefonica, valorizzate a 10,86 euro (11,2 euro le quotazioni attuali a Madrid) che le due banche e il Leone potranno vendere sul mercato, a quote programmate, dopo un breve lock-up di 15 giorni. A questo punto in Telco le quote saranno queste: Gruppo Generali 19,32%; Intesa Sanpaolo 7,34%; Mediobanca 7,34%; Telefonica 66% ma con diritti di voto pari solo al 46,2%, per non assumere immediatamente la maggioranza.

FASE DUE - Entro la fine del 2013 Telefonica sottoscriverà poi un ulteriore aumento di capitale sociale di Telco, da complessivi di 117 milioni, e salirà al 70%, anche in questo caso senza alcuna modifica nei diritti di governance.

FASE TRE - Solo a partire dal 1° gennaio 2014, Telefonica potrà convertire le proprie azioni e tramutarle in azioni con diritto di voto fino a una quota massima del 64,9%, diventando così anche nei fatti la controllante di Telco. Presa di possesso lenta e subordinata al benestare delle varie Autorità di garanzia e regolazione del mercato, per non incorrere - in particolare - negli strali dell'antitrust in Brasile e Argentina, dove, se la presa di Telefonica su Telco (e quindi su Telecom) fosse subito esecutiva, Telefonica si ritroverebbe in immediata posizione dominante. Per questo motivo, anche nel caso Telefonica acquisisse la maggioranza effettiva dei diritti di voto, il nuovo consiglio di amministrazione continuerà ad essere composto da 5 amministratori nominati dai soci italiani e i restanti 5 da Telefonica. Stessa avvertenza mimetica anche per la lista di Telco al Cda di Telecom Italia, dove i soci italiani avranno la possibilità di indicare i primi 2 nominativi della lista, mentre i restanti nominativi saranno indicati per metà dai soci italiani e per metà da Telefonica.

FASE QUATTRO - A decorrere dal 1° gennaio 2014, con un'opzione 'call'  Telefonica avrà la facoltà di acquistare per cassa tutte le azioni dei soci italiani in Telco, al maggior prezzo tra 1,1 euro e quello di mercato - se maggiore (ieri l'azione Telecom ha chiuso a 0,59 euro). Viceversa, Telefonica si è impegnata a non acquistare azioni Telecom Italia, tranne il caso in cui un altro soggetto rastrellasse sul mercato una quota rilevante nella società, superiore o pari al 10%. 

FINESTRA DI GARANZIA - Ciascun socio di Telco (sia gli italiani sia Telefonica) mantiene inoltre la possibilità di vedersi attribuire le azioni di Telecom Italia, uscendo così dal patto parasociale, attraverso la scissione di Telco, che potrà essere richiesta durante una prima finestra tra il 15 ed il 30 giugno 2014 ed una seconda finestra tra il 1° ed 15 febbraio 2015.

L'ORA DELLE SCELTE - A tirare le fila della vicenda ieri pomeriggio Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, che era l'unico socio italiano che non aveva chiarito cosa fare in Telco. Perché Intesa rischiava molto in questa partita, a differenza di Mediobanca che aveva già svalutato la sua partecipazione in Telco per 320 milioni, e Generali che da mesi aveva annunciato di voler smettere di fare "quello che non è il nostro mestiere" per bocca dell'a.d. Mario Greco all'assemblea degli azionisti dello scorso 30 aprile.

OPZIONE 'ADDIO' - Bisognava capire come uscire però dallo scomodo patto di Telco, scomodo soprattutto a livello di costi: i titoli di Intesa Sanpaolo e Generali sono infatti ancora a carico in Telco a 1,2 euro mentre il titolo in Borsa viaggia a 0,60 euro. Ballavano centinaia di milioni di euro, ecco perché era inutile continuare a tenere in piedi questa struttura di governance che ha determinato solo perdite.

QUALI CONDIZIONI? - Intesa, Mediobanca e Generali quindi si sono messe al lavoro. E hanno partorito questo accordo nel quale Telefonica valorizza 1,09 euro le proprie azioni Telecom, a valori quasi doppi rispetto alla quotazione di ieri pari a 0,59 euro, con lauta plusvalenza per Mediobanca e perdite assai contenute per Intesa e Generali. Il tutto muovendosi molte spanne sopra il cosiddetto mercato. Un motivo di rabbia per i piccoli azionisti che attraverso l'Asati da tempo chiedono l'intervento della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale dell'ex monopolista. E ancora oggi tornano a farlo.

PROTESTA MOTIVATA - Se il 3 ottobre al cda Telecom non sarà proposto un aumento di capitale di almeno 3 miliardi di euro, il declassamento annunciato dalle agenzie di rating "sarà impietoso, con indubbi riflessi negativi sull'andamento del titolo", spiega Asati in una nota, paventando anche il rischio di una immediata "nazionalizzazione di Telecom Argentina", al passaggio di tutte le azioni dei soci italiani, e "tutto ciò con un Governo e Parlamento completamente disinteressato sulla vicenda".

RETE IN SCORPORO O NO? - A valle restano altri nodi da sciogliere, tra questi il piano di scorporo della rete, parte del più ampio piano di societarizzazione che il 3 ottobre in teoria doveva essere all'esame del Cda, e che gli spagnoli intendono invece rinviare. ''Non è necessario imporcelo, vogliamo passare volontariamente a un modello di Equivalence of input'' (parità assoluta d'accesso, ndr) ha sottolineato oggi l'a.d. Alessandro Patuano in un botta e risposta a distanza con il commissario dell'Agcom, Antonio Preto, che aveva appena suggerito di ''avviare i dovuti approfondimenti" per "imporlo come rimedio a garanzia della parità di accesso''. Una dichiarazione che ''non può rispecchiare né un orientamento della commissaria né dell'Agcom'' perché ''per procedere a uno scorporo non volontario credo che servano motivi di una gravità eccezionale che non esistono assolutamente'' rispondeva il presidente esecutivo Franco Bernabé, silente sulla svolta in arrivo (o imbarazzato?).

PROBLEMI SU PROBLEMI - L'Autorità guidata da Marcello Cardani è infatti entrata in  contrasto con Telecom dopo la decisione sul taglio dei prezzi dell'ultimo miglio (da 9,28 a 8,68 euro); la Commissione Ue aveva chiesto di rivedere la decisione, ma il Berec, l'organismo europeo che raggruppa le authority nazionali per le tlc, ritiene che i seri dubbi della Commissione non siano giustificati. Aspetti regolamentari importanti che oggi passano in secondo piano.

CIAO CIAO SALOTTO - Di certo c'è ancora molto da svelare, ma in queste ore nelle quiete strade del centro di Milano è probabilmente finita un'era Telecom, e forse sono finiti per sempre quei rapporti da salotto buono che includevano gruppi editoriali, assicurativi e telefonici tutti sotto il controllo delle banche.

QUALE FUTURO? - A Telefonica il difficile compito di mettere mano al lato industriale di Telecom, migliaia di esuberi e scelte drastiche - inevitabili secondo alcuni, tutt'altro che necessarie secondo i sindacati - con la politica italiana rimasta inerte di fronte allo sconquasso di uno degli ex campioni delle tlc coperto dai debiti delle scalate di Colaninno e Tronchetti e ora diventato preda, col risultato - paradossale per il Paese - che Telecom, con i suoi 28 miliardi debiti, finirà sotto il controllo di Telefonica, che di debiti ne ha per almeno 45 miliardi ma non ha mai rinunciato al suo ruolo industriale e a una strategia espansiva, mentre sindacati e politica parlano di "italianità" smarrrita.

LA REAZIONE DELLA PREDA -  Il presidente di Telecom Bernabé andrà domani alla Commissione lavori pubblici del Senato per riferire. Oggi, intervenendo alla riunione di Assonime, è rimasto sulle sue: "E' Telco ad essere diventata spagnola, non Telecom Italia. E poi, tra tante lingue che conosco, io non parlo lo spagnolo" ha risposto a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la sua poltrona presidenziale.