Roma, 7 settembre 2011 - DAI GIOCATTOLI, ai televisori, auto e moto, abbigliamento e calzature, taglio e piega dal parrucchiere, caffè, vino e cioccolato. E’ su una lunga lista di prodotti e servizi che va a pesare l’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria Iva del 20% deciso ieri dal vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli nell’ambito delle misure contenute nella manovra economica.

MOLTE voci riguardano le spese per la casa, detersivi per pulire compresi, anche il turismo viene toccato con la previsione di un aumento per stabilimenti balneari e pacchetti vacanza. Facile immaginare — sottolineano le associazioni dei commercianti — le conseguenze negative sui consumi per le famiglie italiane già alle prese con la difficile congiuntura economica.

Per Confcommercio il rischio è che «l’Italia paghi, tutta insieme, un conto davvero troppo pesante». «Ogni aumento dell’Iva — sottolinea da parte sua Confesercenti — si va tra l’altro a sommare ai recenti rialzi delle materie prime che a sua volta stanno surriscaldando l’inflazione». Per il Codacons la decisione di aumentare l’Iva è «da irresponsabili» e va a a colpire anche le famiglie più povere. L’aumento dell’Iva — sottolinea Federalimentare — riguarda un terzo dei prodotti alimentari abitualmente acquistati e, considerato che si viene già da cinque anni di flessione nei consumi alimentari domestici, frena ogni possibilità di rimbalzo della spesa e incentiva l’inflazione.

Sul piede di guerra anche Cisl e Uil che si dicono contrari «sia all’aumento dell’età pensionabile per le donne, sia all’aumento dell’Iva». Confindustria, che nella sua ricetta anticrisi aveva inserito anche l’aumento dell’Iva, bolla come «positive» le nuove misure che il governo vuole introdurre nella manovra, ma avverte: «Fate subito, poi via alle riforme strutturali».

L’eventuale incremento dell’aliquota ordinaria Iva fa salire tra l’altro l’Italia in testa alla classifica dei vari regimi di aliquote ordinarie praticati dai maggiori Paesi europei. In Germania è infatti al 19,6%, in Francia al 19,6%, in Spagna al 18%, e in Gran Bretagna si attesta al 20%. C’è anche da sottolineare anche che negli ultimi tre anni l’aumento dell’Iva è stata utilizzata da diversi Paesi europei come misura strutturale di sostegno: la Germania è passata in modo repentino dal 16% al 19%, il Regno Unito dal 17,5% al 20%, la Spagna dal 16% al 18%.

SE POI, come sembra, l’ipotesi di alzare di un punto percentuale anche l’aliquota Iva del 10% diventerà realtà, i cittadini dovranno fare i conti anche con un aumento della spesa annuale destinata all’acquisto dei medicinali di circa 47 milioni di euro. Per le casse dello stato, l’aumento di un punto delle due aliquote più altre, porterebbe maggiori entrate per 6 miliardi, che scendono a 3,7 miliardi se ad aumentare è solo l’aliquota del 20%.