Mosca, 17 luglio 2012 - "L’aspetto più importante è mantenere la segretezza intorno al contenuto di telefonate che possano riguardare persone istituzionalmente protette per il ruolo che svolgono". Lo ha detto il guardasigilli Paola Severino rispondendo a una domanda di TMNews nel corso del suo viaggio in Russia, all’indomani della decisione del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano di sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti della procura di Palermo.

IL MONITO - Il ministro della Giustizia sottolinea inoltre che "qualunque sia la soluzione interpretata che si vorrà adottare, ossia l’adozione di regole di procedura penale, o quella della legge quelle garanzie applicate al capo dello Stato, si dovrà rispettare la sostanza della legge che è quella di evitare che conversazioni del capo dello Stato possano essere rese pubbliche".

"NESSUNO SCONTRO" - La guardasigilli mette inoltre in guardia sul reale significato del conflitto di attribuzione. "Conflitto fa pensare a un contrasto, mentre è un’istituzione estremamente seria", ha aggiunto. Secondo Severino è dunque bene "sottolineare che non si tratta di contrapposizioni di poteri dello Stato", ma piuttosto di una necessaria verifica sull’interpretazione della legge. "Non si tratta di un problema di come trattare situazioni uguali in maniera diversa, ma di trattare situazioni diverse in maniera diversa".

GRASSO - "Sono stato chiamato solamente a fornire, a dare contezza della mia funzione istituzionale di coordinamento. Non ho avuto alcuna pressione, così come nessuna pressione hanno avuto i magistrati di Palermo: che poi è quello che hanno detto sin dall’inizio". A margine di un’audizione in commissione Giustizia alla Camera dei deputati, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, rispondendo alle domande dei cronisti, nega di aver subito pressioni dal Quirinale in riferimento all’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. "In un’indagine - spiega il procuratore antimafia - chi cerca la verità non può farlo sotto pressione, ma è importante anche la collaborazione degli altri: per vicende così datate nel tempo serve qualcuno che ricostruisca quello che è successo tanti anni fa, servono le dichiarazioni spontanee di chi sa".

DI PIETRO: NAPOLITANO MORTIFICA LE ISTITUZIONI - “Si rende conto che una scelta così drastica, quella che lei ha fatto oggi, non nobilita le istituzioni, anzi le mortifica? Ecco perché, come cittadino, io mi sento mortificato nel merito per la sua scelta molto chiusa nell’interpretare la Costituzione. Noi dell’Idv invitiamo i giudici di Palermo a: ‘resistere, resistere, resistere’”. Lo dice Di Pietro in un video-messaggio rivolto al capo dello Stato e pubblicato sul suo blog.

Nel video messaggio Di Pietro spiega che “la nostra Costituzione garantisce al Capo dello Stato la totale immunità personale, ad eccezione del caso in cui egli venga accusato di attentato alla Carta. Non è il caso di specie, però c'è un qualcosa che può avvenire a livello naturale che non si può far finta di non vedere. Che cosa può accadere? Può accadere che persone non garantite da immunità parlamentare si trovino a parlare con il Presidente della Repubblica. In questo caso, non è che si puo’ estendere anche a loro l’immunità, perche’ altrimenti potrebbero farla franca in tanti”.

Dunque, sottolinea, “la cancellazione di queste telefonate, sic et simpliciter, soltanto perché dall’altro capo del telefono c'è il presidente della Repubblica, si corre il rischio di venire a conoscenza di fatti o circostanze utili a scoprire reati o addirittura scoprire che qualcuno sia innocente”. Certo, “nei confronti del Capo dello Stato è giusto che non valga la telefonata, e’ giusto che non valga nessun indizio di colpevolezza, ma il fatto storico di una telefonata ricevuta al suo telefono e trasmessa da un altro apparecchio, quello si’ sotto intercettazione, si deve poter valutare. E chi e’ che lo deve fare? Il giudice”.

“Nel merito, signor Presidente della Repubblica- prosegue il leader Idv-, stiamo parlando di un’indagine che riguarda la trattativa tra Stato e mafia. E c’e’ il dubbio che persone di altissimo rango istituzionale, in questo caso stiamo parlando dell’allora ministro degli Interni, di altri esponenti del governo di allora e dell’allora ministro della Giustizia, abbiano raggiunto un accordo al ribasso con elementi di spicco della mafia al fine di garantirsi l’incolumità personale, mentre altre persone, tra cui Falcone e Borsellino, venivano ammazzate”. In una situazione di questo genere, prosegue Di Pietro, “ma proprio su questo processo, Signor Presidente, Lei ha trovato opportuno sollevare una questione di conflitto di attribuzione? Sicuramente, come gli stessi giudici hanno riconosciuto, Lei non ha nulla da temere da quelle telefonate”.

E allora “in uno Stato democratico, in uno Stato di diritto, non è più eticamente accettabile che chi gode delle immunità faccia un passo indietro per un fine nobile? Ossia quello di scoprire la verità sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, mettendo a disposizione tutto ciò che può essere messo a disposizione in un processo alle parti processuali? Perché Lei oggi, proprio su questo processo, rifiuta di far sapere a terzi cosa vi siete detti con l’allora ministro degli Interni, Nicola Mancino, poi presidente del Senato, poi vicepresidente del Csm? Che cosa vi siete detti quando Nicola Mancino le ha chiesto un suo buon auspicio, un suo intervento, proprio per tutelarsi dalle indagini che la magistratura stava portando avanti?”.

BERSANI: ATTACCHI INDECENTI - “E’ una cosa indecente. Ho trovato alcune affermazioni nei confronti del presidente Napolitano veramente indecenti, perché tutti sanno che Napolitano non ha alcuna ragione per difendersi personalmente”. Lo afferma il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, rispondendo a una domanda dell’Unità, appena giunto alla festa del suo partito a Roma. Sulle critiche dirette al Colle dopo la decisione del Capo di Stato di sollevare il conflitto di attribuzione sull’operato dei pm palermitani, Bersani difende il Colle a spada tratta.

“Il Presidente Napolitano -dice- sta ponendo una questione alla Corte Costituzionale su un tema delicatissimo che riguarda il rapporto tra poteri dello Stato e istituzioni. Tutti -aggiunge- siamo interessati affinchè la nostra Costituzione sia applicata e quando c’e’ un dubbio è giusto che la Corte si esprima. Questo è il senso dell’iniziativa del Presidente -conclude- che credo sia assolutamente da condividere”.