Roma, 27 aprile 2013 - Fa gli auguri a Enrico Letta per il governo, apprezza la presenza di giovani che abbiano 'mandato in pensione i big e giudica la lista dei nomi 'migliore delle aspettative'. Ma Matteo Renzi, nella platea televisiva di Che tempo che fa, non può sottrarsi alle domande sul futuro suo e del dissestatissimo partito democratico.

SEGRETARIO? NO GRAZIE - La segreteria no. Non, almeno di “questa roba qua”. Matteo Renzi si chiama fuori dalla corsa alla guida del Pd e addirittura ironizza sulla possibilità di essere “il reggente... o l’autoreggente” dopo le dimissioni di Bersani. Che Bersani abbia “chiuso la sua esperienza la sua esperienza politica alla guida del partito”, lo dice chiaro e tondo e si toglie la soddisfazione di mandargli un metaforico abbraccio “oggi che nessuno lo considera più”, ma il sindaco di Firenze guarda avanti. Più avanti.

IL PD DI OBAMA - “Questo è un periodo in cui vengo candidato a tutto: alle primarie, alla Presidenza del Consiglio, all’Anci. Se alla Littizzetto serve un assistente per Sanremo mi candido io”, dice dal salotto tv di Fabio Fazio. Ma cambia registro quando invita a osservare: “Capiamoci su cosa è il Pd. Se è la roba di queste ultime settimane...”. E allora, “la risposta secca è no, non sono adatto. Io - rivendica - sono il pd all’americana, di Obama, dei Clinton. Mi ci vede a fare l’equilibrato, se non lequilibrista, che tiene insieme correnti?”. Orrore. No, meglio considerare, qui il ragionamento cambia passo e prospettive, che “sono più adatto a cercare di sistemare un asilo, di musei aperti... oppure a cercare di cambiare le cose nel Paese”.

Un po’ come fa un presidente del Consiglio. E allora intanto auguri a Letta, “sono convinto che farà molto bene”.

“Poi ci sta tutto, ma cosa deve essere il Pd? Quello dell’ultimo mese? No, quello lo cancelliamo”, prosegue Renzi che disegna il profilo di un partito “in cui la gente è felice di starci per le idee ma non diviso per correnti. E penso che abbia la possibilità di vincere elezioni”. Renzi si conferma pronto a “dare una mano ma se resta una struttura ancora diversa da quella che immagino, a gestire e tenere in ordine vicende varie tra spifferi e correntine, penso di essere la persona meno indicata

PREMIERSHIP - E allora, il governo. “Avevo sempre detto che avrei fatto il premier se gli italiani mi avessero votato, quindi non vedo novità”, dice a Fazio che gli parla di veti di Berlusconi. “E' venuta fuori, nel Pd, la possiblità che potessi essere io e questo mi ha fatto molto piacere. Per la prima volta un si’ del Pd e un no del Pdl, ero abituato al contrario... Diciamo che non mi sono sentito più un corpo estraneo”, spiega. Detto questo “non so se c’è stato un veto di Berlusconi o no ma va bene cosi’”. Tanto che anche “i nomi del Pdl al governo non sono mica cosi’ male. Era meglio se lo faceva da solo il Pd ma è mancata - punge - la premessa: non abbiamo vinto le elezioni”.

Una botta a Marini (“un cattolico al Colle? E che vuol dire? Il cattolico la domenica va a Messa non chiede una poltrona”), un’altra al partito perchè “quella è stata la settimana più brutta da quando il Pd è nato, con questi accoltellamenti alle spalle che non hanno ragione di esistere” e ora “toccato il fondo si puo’ ripartire”.

GLI SBAGLI DI BERSANI -  “Molto discutibili le considerazioni di Grillo”, attacca ma avverte Renzi che “gli elettori Pd sono molto più vicini al M5S”, e Bersani, onore delle armi a parte, “ha profondamente sbagliato con Grillo: se ti dice di no o prendi argomenti veri, come l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti o il dimezzamento del numero dei parlamentari, o continuare a elemosinare via streaming un appoggio che non arrivava è stato un errore”.

“Non avrei avuto paura di andare alle elezioni, le avrei preferite”, dice ma aggiunge che ora, con Letta a Palazzo Chigi, “da italiano spero che il governo Letta faccia bene. Poi qualcuno ci dovrà spiegare sia il giaguaro sia lo smacchiare...”.

GOVERNO FRAGILE - Vero è che “c’è una fragilità, con tre forze divise alle elezioni ora costrette a stare insieme” che rendono l’esecutivo “tendenzialmente fragile” visto che, riconosce, “se Berlusconi vuole lo fa fallire”. Ma “non so quanto durerà, ma il governo deve tirarsi su le maniche e far vedere che facciamo pace con gli italiani”.