Roma, 2 aprile 2013 - E’ iniziata, al Quirinale, la riunione del gruppo dei sei saggi incaricati di occuparsi delle tematiche economico sociali. Il gruppo è composto da Enrico Giovannini, Giovanni Pietruzzella, Salvatore Rossi, Enrico Moavero Milanese, Giancarlo Giorgetti e Filippo Bubbico. A seguire, la riunione del gruppo dei saggi che si occupano delle tematiche istituzionali composto da Valerio Onida, Mario Mauro, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante.

LE CRITICHE DELLE FORZE POLITICHE - Dopo gli elogi dei giorni scorsi, non sono mancate le critiche all’operato del Quirinale. Se le ironie di Grillo erano pressoché scontate - il leader 5 Stelle ha parlato di "badanti" per la democrazia - sono apparsi invece più rilevanti dal punto di vista politico i rilievi mossi dal Pdl e dal Pd, che dovrebbero essere i maggiori sostenitori del possibile esecutivo di scopo.

Sia il centrodestra sia il centrosinistra continuano infatti a parlare della necessità di avere un governo "politico", e se il Pdl dà "dieci giorni" al Quirinale, il Pd non rinuncia all’ipotesi di un esecutivo Bersani. Condizioni preliminari che rendono ulteriormente complesso il compito - già tutt’altro che banale - dei superconsulenti chiamati dal Colle per districare la matassa della situazione politica italiana.

NAPOLITANO: LASCIATO SOLO DAI PARTITI  - "Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente...". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un colloquio con il ‘Corriere della Sera’ ammette di trovarsi nel "momento peggiore del settennato" e recrimina di sentirsi "lasciato solo dai partiti" dopo le polemiche suscitate dalla scelta di convocare un doppio comitato di specialisti incaricati di "formulare precise proposte programmatiche" in grado di divenire "in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche". Una scelta, riflette il capo dello Stato, che è stata travisata e criticata in modo ingiusto.

Quel giorno - ecco la sua ricostruzione - ha pregato due gruppi di persone, diverse tra loro ma con alcune caratteristiche di competenza o istituzionali, di fare una specie di "quadro sinottico" di problemi da affrontare, tenendo conto delle posizioni che si sono espresse finora o aggiungendovi ciò che vorranno... Aveva in mente, insomma, un lavoro istruttorio che puo’ facilitare il successivo compito per la formazione del governo. 

Anche sulla controversa assenza delle donne tra i consulenti da lui messi insieme "con acrobatiche ricerche", va considerato che il capo dello Stato ha inserito i presidenti delle commissioni speciali che si sono costituite alla Camera e al Senato e che, sebbene certo gli dispiaccia che in quelle commissioni non vi sia una donna, non poteva farci niente. Anche qui, dal suo punto di vista, "si sfiora il ridicolo".

Poi la riflessione affronta il delicato tema delle dimissioni: perché non le ha date? La risposta, benché già riassunta nella nota che il presidente ha letto sabato al Quirinale, è la seguente: ha deciso di restare al suo posto per garantire un elemento di continuità. Se si fosse limitato alle risultanze degli ultimi colloqui che aveva avuto, avrebbe dovuto riconoscere: "Sono conclusioni che fanno disperare della possibilità di governare questo Paese". In definitiva, le sue dimissioni, che sarebbero state ampiamente motivate dalla paralisi nella quale si venuto a trovare (non poter dare alcun incarico, non poter formare alcun governo, non poter sciogliere) avrebbero contraddetto l’impegno di offrire un impulso di "tranquillita’". Di dare la sensazione che "lo sforzo continua". Di confermare l’impianto del suo settennato, ispirato a "dare agli italiani un senso di comunità e di unità".

CRIMI - Sicuramente la soluzione indicata da Napolitano non piace al Movimento 5 stelle. "Qual è invece il senso - il non senso, anzi - dell’iniziativa del Presidente? - si chiede su Facebook il capogruppo al Senato Vito Crimi -. Anche se inizialmente poteva indurre l’impressione di una svolta verso la detronizzazione della casta politica, la scelta di Napolitano non è altro che un’ulteriore conferma della cecità che ha colpito la classe politica: ancora non ha compreso il risultato di queste elezioni".

L'esponente dei grillini aggiunge poi sul suo blog: "Se si fosse trattato di persone esterne al sistema, avrei pensato a dei facilitatori che potessero aiutare le forze politiche a fare le cose che servono al Paese - osserva -. Così non è stato: anche i cosiddetti esterni, Violante e Onida per la parte che riguarda le riforme istituzionali e Pitruzzella e Giovannini per quelle economiche, non sono certo nomi nuovi. Niente che ci faccia ben sperare".

"Forse - scrive ancora - poteva essere intrapresa una strada mai percorsa prima, e cioé di affidare il governo a Bersani che con i suoi ministri poteva presentarsi al Parlamento e qualora non avesse ricevuto la fiducia poteva continuare, alla stregua dell’attuale governo Monti, senza la fiducia ma solo per gli affari ordinari. Almeno sarebbe stato rappresentativo di una maggioranza relativa e non di una strettissima minoranza come il governo Monti in regime di prorogatio".

"Noi comprendiamo solo la forte necessità del Paese di disporre di provvedimenti urgenti. I politici - all’unanimità - hanno ritardato la partenza dei lavori parlamentari per subordinarli ad accordi politici, per soddisfare la fame di poltrone... A queste condizioni, non ci stiamo - conclude -. I nostri elettori non ci hanno votato per adeguarci al sistema, ma per scardinarlo, per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. E adesso, cosa accadrà? In tanti ce lo chiedono. Adesso il Parlamento lavora".